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Gli errori più comuni nella dichiarazione delle criptovalute

Dichiarare correttamente le proprie criptovalute non è mai stato così importante. Con l’evoluzione del quadro normativo italiano e l’intensificarsi dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, anche una...

Gli errori più comuni nella dichiarazione delle criptovalute

Dichiarare correttamente le proprie criptovalute non è mai stato così importante. Con l’evoluzione del quadro normativo italiano e l’intensificarsi dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, anche una piccola disattenzione può trasformarsi in un problema serio. Eppure, molti contribuenti continuano a sottovalutare l’intero processo, affidandosi a metodi manuali o a informazioni poco aggiornate.

In questo articolo facciamo chiarezza su quali siano i comportamenti da evitare e perché è fondamentale approcciarsi con metodo e precisione alla dichiarazione delle cripto-attività. Per chi cerca una soluzione semplice, accurata e aggiornata, parleremo anche di Okipo, lo strumento italiano che automatizza calcoli e moduli fiscali, aiutandoti a evitare errori e ad affrontare con tranquillità tutti gli adempimenti.

I 5 errori più comuni da evitare nella dichiarazione delle criptovalute

Molti contribuenti, ignari delle possibili conseguenze, continuano a commettere gli stessi errori nelle varie fasi della dichiarazione fiscale delle criptovalute. Alcuni sbagli sono legati alla superficialità, altri a una scarsa conoscenza tecnica, ma tutti possono esporre l’investitore a controlli, sanzioni e accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Ecco le criticità più frequenti:

  • Calcoli manuali non affidabili: L’uso di fogli Excel o strumenti non specializzati è ancora oggi una delle prassi più comuni. Tuttavia, questo metodo presenta un alto margine di errore, soprattutto quando si hanno molte operazioni su più wallet e exchange. Anche un piccolo scostamento rispetto ai dati verificabili può generare un controllo.
  • Scadenze fiscali ignorate: Il calendario fiscale è chiaro: entro il 30 giugno si versano imposte su plusvalenze e imposta di bollo; il 30 settembre (modello 730) e il 15 ottobre (modello Redditi) sono i termini per l’invio delle dichiarazioni. Saltare queste scadenze espone a sanzioni crescenti.
  • Dichiarazioni incomplete: Wallet secondari, transazioni ritenute irrilevanti o exchange poco utilizzati vengono spesso omessi. Tuttavia, ogni elemento va inserito, anche se non genera imposte.
  • Prezzo di carico errato: Il prezzo di carico è il parametro fondamentale per calcolare correttamente le plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute. Determinarlo richiede un’analisi puntuale di ogni singolo acquisto effettuato nel tempo. Una stima approssimativa può compromettere la correttezza dell’intero documento.
  • Normativa non aggiornata: Il panorama normativo in materia di criptovalute è in continua evoluzione. Non tenere conto dei vari aggiornamenti significa rischiare errori anche formali nella compilazione dei modelli fiscali, con possibili conseguenze in termini di contenziosi o accertamenti futuri.

Hai comprato Bitcoin molti anni fa e non hai mai dichiarato? stai rischiando grosso

Tra le convinzioni più diffuse tra i possessori di criptovalute, c’è anche quella secondo cui gli obblighi fiscali decadano col passare del tempo. Molti investitori che hanno acquistato Bitcoin diversi anni fa e li hanno semplicemente conservati nei propri wallet ritengono, erroneamente, che le vecchie operazioni non siano più soggette a controlli.

In realtà, la normativa fiscale italiana prevede tempistiche di prescrizione molto più ampie rispetto ai classici 5 anni a cui siamo abituati per altre fattispecie. Se non vengono compilati correttamente i quadri RW e RT obbligatori rispettivamente per il monitoraggio e per la tassazione delle cripto-attività, l’Agenzia delle Entrate può estendere il periodo di accertamento fino a 7 anni. Nei casi più gravi, in presenza di imposte non versate o comportamenti considerati elusivi, questo termine può arrivare addirittura a 10 anni.

Il conteggio parte sempre dall’anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Questo significa che chi ha acquistato crypto nel 2020 o anche prima è ancora oggi esposto a eventuali verifiche fiscali. Non importa se i fondi non sono mai stati mossi: il semplice possesso va comunque dichiarato. Rimandare o ignorare l’obbligo può trasformarsi in un problema serio, con sanzioni pesanti e lunghe procedure di regolarizzazione.

Le sanzioni fiscali sulle criptovalute non dichiarate

Chi detiene criptovalute o ha realizzato plusvalenze è obbligato per legge a dichiararle correttamente nei modelli fiscali previsti. Il mancato rispetto di questi obblighi, che si tratti di semplice dimenticanza, o volontaria omissione, può avere conseguenze anche molto gravi.

Sul piano amministrativo, esistono diverse casistiche:

  • Omessa dichiarazione: si verifica quando il contribuente non presenta i quadri RW o RT. In questi casi, la sanzione varia dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, aumentata di un terzo se l’irregolarità è considerata rilevante.
  • Errore nella compilazione: dati incompleti o non coerenti con quanto effettivamente accaduto comportano sanzioni proporzionali alla gravità dell’errore. Per esempio, la mancata compilazione del quadro RW può portare a una sanzione tra il 3% e il 15% degli importi non dichiarati (ridotta se sanata entro 90 giorni).
  • Dichiarazione tardiva: anche chi invia la dichiarazione oltre i termini rischia multe tra 250 e 1.000 euro, a cui si sommano eventuali interessi e imposte non pagate.

Nei casi più gravi, si entra nel campo delle sanzioni penali. Se l’imposta evasa supera i 50.000 euro, il contribuente rischia la reclusione da 2 a 5 anni, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 74/2000. Le violazioni penali si sommano a quelle amministrative e comportano un allungamento dei termini di accertamento fino a 10 anni.

I servizi offerti da Okipo per gestire in modo smart la dichiarazione delle criptovalute

Dichiarare correttamente le criptovalute non è solo una questione di rispetto delle regole, ma anche di tempo, precisione e consapevolezza. Proprio per questo nasce Okipo, una piattaforma tutta italiana che semplifica ogni fase della dichiarazione fiscale delle cripto-attività.

Il servizio si basa su un sistema automatizzato, in grado di importare le transazioni da exchange, wallet e protocollo DeFi per poi calcolare in modo preciso plusvalenze, imposta di bollo e giacenze medie. L’utente non deve far altro che collegare i propri account o inserire gli indirizzi pubblici: il software elabora i dati e produce in automatico i quadri RW, RT e i modelli F24 già pronti da inviare o versare.

Portafoglio criptovalute su app Okipo
Fonte: Portafoglio criptovalute app Okipo

Un altro punto di forza è l’interfaccia intuitiva, progettata per accompagnare l’utente passo dopo passo, anche in presenza di casistiche complesse come, airdrop, staking, redditi DeFi ed NFT. Non serve essere esperti: i calcoli sono già eseguiti e le normative sono sempre aggiornate secondo le ultime disposizioni dell’Agenzia delle Entrate.

A completare il servizio c’è la presenza di un team di commercialisti qualificati, pronti ad assistere l’utente in caso di dubbi o situazioni particolari. Il loro supporto è fondamentale anche per monitorare le evoluzioni normative e aggiornare costantemente il funzionamento del software.

Centro fiscale dichiarazione criptovalute su app Okipo
Fonte: Centro fiscale Okipo

Okipo si dimostra così uno strumento adatto sia a chi utilizza exchange centralizzati, sia a chi preferisce operare tramite wallet privati. Dichiarare le criptovalute diventa un’attività semplice, veloce e sicura, eliminando lo stress dei calcoli manuali e garantendo piena conformità fiscale.

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